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Alfetta gtv
In altra sezione ho parlato di un recupero di una NB parecchio malmessa, e del fatto che avevo già tentato di salvare dalla pressa altri giocattolini di metallo in scala 1:1.
Questa, per esempio, era un modellino che ho fatto girare per casa da bambino forse per qualche decina di chilometri, in ginocchio sul pavimento mentre nonna preparava (sempre, a tutte le ore, vai a capire perché) da mangiare o mentre cuciva - in tutte le restanti ore - sulla poltrona del piccolo tinello di allora.
Una volta avuti prima i capelli lunghi, ed essermi pure concesso il lusso di vederli diventare radi e grigi ho cercato un esemplare di quella sagoma rosso fuoco che sembrava sempre potermi condurre ovunque quando avevo i pantaloni corti.
Trovata da un tizio, un Greco che stava per lasciare l'Italia e che aveva preso usata questa macchina perché commercializzava in gioielli, e quando girava voleva una macchina vecchiotta, che non desse nell'occhio come una berlina fiammante, che al tempo stesso fosse scattante e veloce "in caso di necessità" : questo almeno mi aveva raccontato.
Presa a ben 500mila Lire (del vecchio conio, per dirla alla Bonolis) e smontata fino a dove possibile: sistemate con il lavoro di vecchio e ormai pensionati quanto introvabili battilastra le storture della carrozzeria e rimontata.
Un lavoraccio che certamente non trova riscontro nella mera convenienza economica, ma raramente le persone comuni, che non mettono le mani su Ferrari, Bugatti o cose del genere, guadagnano su queste operazioni.
Poi onestamente erano anni in cui non mi importava proprio di spenderci su, quanto di avere la soddisfazione di sentirla in moto, di percepire quel misto di soffritto di olio che le vecchie Alfa emanavano quando tiravi loro il collo, e - perché no - osservare con malcelato gaudio le facce dei ragazzetti sulle loro "Punto-con-alettone-e-fari-a-led" che pensano di essere i siluri dell'asfalto, una volta che ti raggiungevano al semaforo dopo avere preso lo smacco di quella "cosa" (uno una volta mi ha chiesto esattamente in questo modo che auto fosse...) che a ogni cambio marcia urlava di giri e si sedeva con il posteriore quasi a puntare il muso verso il cielo come fosse un becco.
Ora è nelle mani di un appassionato veneto, che ha una discreta collezione di Marca e che mi ha corteggiato per diverso tempo.
In tutta onestà, perché le cose vanno dette per quello che sono, io mi ero già tolto ogni sfizio con questo animaletto della strada.
Mi ero già fatto qualsiasi sali scendi per le montagne di notte, tirato mattina per le periferie di Milano ad andatura da Maurizio Merli in "Milano spara la Polizia risponde" imprecisate volte con la scusa di cercare un tabaccaio, avevo già fatto qualche puntata al mare e vissuto abbastanza al volante di quel giocattolo che ricordavo invincibile e guerriero.
E non lo era.
Era tutto fuorché invincibile, è stata una nonna portata fuori la sera a tirare l'alba ballando, è stato un grosso favore che una meccanica gloriosa ma oggettivamente lontana dal presente ha fatto a un bambino di oltre un quintale che lui stesso bambino non è più.
C'è un attore, purtroppo scomparso, che diceva una grande verità : "la vecchiaia disturba perché è più corporea della giovinezza, ti costringe a fare i conti con il tuo corpo, che reclama le sue esigenze. Quando sei giovane non ti accorgi di averlo, ti obbedisce. Ma poi arriva il momento che ti dice “no, questo non lo puoi fare perché sei vecchio”.
Si chiama(va) Giorgio Albertazzi.
Ecco : io non avevo più la schiena dei vent'anni, e forse anche la tolleranza e la capacità di digerire quelle mancanze (e spesso assenze) che una nonnetta pur arzilla, pur rimessa a nuovo, pur resa nuovamente guerriera, poteva darmi.
Non era colpa sua, che spremeva 128 cavalli come una Golf di oggi strozzata dai suoi catalizzatori se lo sogna.
Era colpa mia, che non calcolavo il tempo, il mio come il suo.
Le braccia abituate al servosterzo io come le sospensioni inesistenti lei, gli occhi che vedono attraverso le lenti di un paio di occhiali io come i tergicristalli inesistenti sopra i 120 orari lei, la mia voglia spasmodica di ruggito del Biscione contro la sua propensione alla temperatura dell'acqua un filo sopra la media, la mia gratificazione nell'intraversarla come non mai giù per i tornanti del Ghisallo o della Cisa contro la sua innata stanchezza dei freni che dopo un paio di performances strepitose ti abbandonavano esausti e maleodoranti.
Non potevamo più giocare al poliziotto cattivo, al pilota campione, ma era difficile anche giocare al semplice automobilista che piano piano, come una zia anziana e un po' brontolona, cui si telefona sempre più di rado, finiva con lo stare sempre più in box che in strada a smaccare le sue pretenziose rivali.
Come diceva Albertazzi alla fine era vecchia e basta: fascinosa ereditiera quei tempi andati ma fuori posto nella quotidianità dell'oggi, portatrice sana di sogni infantili ma oggettivamente stanca e non all'altezza del presente.
Non che io non lo fossi, non che io non abbia spento - nel frattempo - più sogni che candeline al compleanno.
Se faccio l'appello delle cose perse per strada nella vita probabilmente vince ancora lei.
Ma alla fine ci siamo salutati così, di schiena.
Un bambino in sovrappeso e con gli occhiali su un marciapiede, e una nonna che viene magnificata da un padre al figlio per la sua linea del giovane Giugiaro (nel frattempo anch'esso ottuagenario) per il suo motore figlio della gloriosa Giulia e via discorrendo.
E dopo un quarto d'ora di "presentazioni" dato che la macchina voleva essere un regalo al figlio neo laureato (che - aggiungo - secondo me non sapeva nemmeno cosa avesse davanti, ma questo me lo sono tenuto per me) se ne sono andati accendendo la belva.
Un paio di sgasate in pieno stile Alfa, ché per chi le conosce sa che a ogni impennata di giri il posteriore oscilla un po' come fosse un ancheggiare malizioso e foriero delle scintille che promette, e dopo un prima-seconda-terza con quel sederino sempre avvincente a sfiorare l'asfalto sono evaporati in fondo alla via per prendere l'autostrada e andare verso una nuova casa e una nuova storia.
Un po' come il mio sogno.
La nonna adesso si pavoneggia tra altre nonne, come le signore d'antan nelle case di riposo, millantando oniuna un passato un centimetro più glorioso e sfavillante della vicina.
Ma è stato bello per qualche anno sentirsi il Commissario Betti e percorrere tutti quei corridoi tra tinello camera da letto e corridoio divenuti veramente strade, veramente curve e veramente stridore di gomme : di questo non posso che ringraziarla.
JML
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Che bello che sei tornato, mi mancavano questi tuoi scritti pieni di passione... >:D<
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Che piacere leggere queste righe che trasudano di passione allo stato puro! Perché è vero: non si restaura un'auto con fine di lucro ma per le emozioni che saprà regalarti vivendola come una macchina del tempo ogni volta che ci salti su! Così vivo il mio Duetto ultra quarantenne e così non vedo l'ora di godermi la mia Appia ultra cinquantenne: già mi vedo partire con tutta la famiglia per una scampagnata domenicale attrezzato con un plaid e un vecchio cestino in vimini con kit pic nic rigorosamente coevo, guai a chi sfodera un cellulare e godere i piaceri di chi quell'auto l'ha bramata e posseduta per primo. Non per nulla ho intitolato la discussione dedicata al mio Duetto "Tu chiamale se vuoi... emozioni!"
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Ho letto tutto di un fiato il tuo racconto come un assetato beve un bicchiere d'acqua ;-)
Da possessore di duetto posso dire che non avresti potuto descrivere meglio la passione che ci lega alle nostre vecchiette
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Complimenti per il contenuto e per la forma. Emozioni che solo un vero appassionato di automobili può capire. Un racconto che rimarrà dentro di me per sempre.